La realtà delle cose è innegabile: la vita com’era 30 anni fa non assomiglia nemmeno lontanamente a quella che viviamo oggi. Un presente nel quale combattiamo per arrivare a fine mese.
![stipendi differenze con 30 anni fa](https://www.codiciateco.it/wp-content/uploads/2024/05/poverta20240516-codiciateco.it_.jpg)
Che la vita sia cambiata lo ripetono costantemente le generazioni che hanno avuto la possibilità (o la fortuna, se così possiamo chiamarla) di vivere periodi dell’economia certamente più favorevoli rispetto a quelli che viviamo oggi. Senza dubbio, le possibilità d’occupazione in Italia crescono anno dopo anno, incentivate dallo sviluppo della tecnologia, dalla modernizzazione del pensiero e dalla nascita di nuove figure professionali in linea con visioni attuali e quelle rivolte al prossimo futuro. Tuttavia, c’è da ammettere che al contempo il lavoro diventa sempre più povero.
Nonostante trovare un posto sia più facile, avere uno stipendio soddisfacente e coerente con la propria mansione diventa sempre più difficile. Il costo della vita aumenta a vista d’occhio: quel che oggi si guadagna non è sufficiente per coprire le spese costanti di casa, cibo e trasporti. Parlano chiaro i dati Ocse: il Bel Paese risulta essere uno degli Stati che ha visto il ribasso maggiore delle remunerazioni. Non c’è stata evoluzione positiva per poter fronteggiare l’alzata dei prezzi: più là fuori i costi aumentano, più quello che entra nel portafogli è basso.
Altro che 30 anni fa: l’Italia è uno dei Paesi con gli stipendi più bassi
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Dopo la pandemia e l’aumento a catena dei prezzi iniziato dal caro-energia, le cose in Italia non sono andate migliorando. Dal 2022 si registra un calo del 7,3% rispetto all’anno precedente. Da circa trent’anni ad oggi, esattamente dal 1991 al 2024, i salari sono rimasti pressoché invariati: hanno registrato un aumento di appena l’1%. Questa situazione “stabile” dei guadagni dei cittadini ha collocato l’Italia, nel 2022, al 22esimo posto nella classifica Ocse che ha riportato i risultati dell’analisi dei salari medi annui. Parliamo di un calo di 13 posizioni rispetto al 1992.
Lo studio tiene conto solamente dei Paesi interni all’Unione Europea, e tutti registrano dati più elevati. Altri Stati hanno scelto di adottare dei meccanismi per cui gli stipendi vengono adeguati all’oscillamento dell’inflazione (guarda i dati più aggiornati sui prezzi del supermercato a causa dell’inflazione). Questo ha portato a nuove negoziazioni dei contratti collettivi, nonché ad un aumento del loro valore. Stando alle parole del Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, una perdita del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati dovrebbe costituire motivo di preoccupazione, in quanto a trarne svantaggio è l’intera economia nazionale.