Salario, 30 anni fa era più alto: i soldi non bastano per le spese necessarie ogni mese

La realtà delle cose è innegabile: la vita com’era 30 anni fa non assomiglia nemmeno lontanamente a quella che viviamo oggi. Un presente nel quale combattiamo per arrivare a fine mese. 

stipendi differenze con 30 anni fa
Stipendi, le differenze rispetto a 30 anni fa (Codiciateco.it)

Che la vita sia cambiata lo ripetono costantemente le generazioni che hanno avuto la possibilità (o la fortuna, se così possiamo chiamarla) di vivere periodi dell’economia certamente più favorevoli rispetto a quelli che viviamo oggi. Senza dubbio, le possibilità d’occupazione in Italia crescono anno dopo anno, incentivate dallo sviluppo della tecnologia, dalla modernizzazione del pensiero e dalla nascita di nuove figure professionali in linea con visioni attuali e quelle rivolte al prossimo futuro. Tuttavia, c’è da ammettere che al contempo il lavoro diventa sempre più povero.

Nonostante trovare un posto sia più facile, avere uno stipendio soddisfacente e coerente con la propria mansione diventa sempre più difficile. Il costo della vita aumenta a vista d’occhio: quel che oggi si guadagna non è sufficiente per coprire le spese costanti di casa, cibo e trasporti. Parlano chiaro i dati Ocse: il Bel Paese risulta essere uno degli Stati che ha visto il ribasso maggiore delle remunerazioni. Non c’è stata evoluzione positiva per poter fronteggiare l’alzata dei prezzi: più là fuori i costi aumentano, più quello che entra nel portafogli è basso.

Altro che 30 anni fa: l’Italia è uno dei Paesi con gli stipendi più bassi

stipendi differenze con 30 anni fa
L’Italia è tra i Paesi con gli stipendi più bassi (Codiciateco.it)

Dopo la pandemia e l’aumento a catena dei prezzi iniziato dal caro-energia, le cose in Italia non sono andate migliorando. Dal 2022 si registra un calo del 7,3% rispetto all’anno precedente. Da circa trent’anni ad oggi, esattamente dal 1991 al 2024, i salari sono rimasti pressoché invariati: hanno registrato un aumento di appena l’1%. Questa situazione “stabile” dei guadagni dei cittadini ha collocato l’Italia, nel 2022, al 22esimo posto nella classifica Ocse che ha riportato i risultati dell’analisi dei salari medi annui. Parliamo di un calo di 13 posizioni rispetto al 1992.

Lo studio tiene conto solamente dei Paesi interni all’Unione Europea, e tutti registrano dati più elevati. Altri Stati hanno scelto di adottare dei meccanismi per cui gli stipendi vengono adeguati all’oscillamento dell’inflazione (guarda i dati più aggiornati sui prezzi del supermercato a causa dell’inflazione). Questo ha portato a nuove negoziazioni dei contratti collettivi, nonché ad un aumento del loro valore. Stando alle parole del Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, una perdita del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati dovrebbe costituire motivo di preoccupazione, in quanto a trarne svantaggio è l’intera economia nazionale.

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