Procedura d’infrazione, che cosa significa per l’Italia questo provvedimento. Una breve panoramica sulla questione.
Tra le notizie di politica estera e in particolare quelle proveniente dall’Unione europea ha fatto rumore quella relativa alla procedura di infrazione ricevuta dall’Italia. Non si tratta della prima volta, l’Italia infatti ha collezionato nel tempo ben 65 procedure di infrazione dell’Unione europea. Le motivazioni sono diverse caso per caso.
Nell’ultimo periodo sono emerse infrazioni per violazione del diritto comunitario nel recepire la direttiva sulla plastica monouso, per mancato recepimento del regolamento sulla governance europea dei dati, per mancato recepimento sulla direttiva sulla tassazione a carico di veicoli per l’utilizzo di alcune infrastrutture, per mancato recepimento della direttiva per la protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro.
Procedura d’infrazione, qual è in questo caso
La procedura è lo strumento per garantire il rispetto e l’effettività del diritto UE. La decisione sull’avvio spetta alla Commissione europea che esercita un potere discrezionale, intervenendo su denuncia di un privato, di un’interrogazione parlamentare o per iniziativa propria. L’ultima ricevuta dall’Italia è particolarmente rilevante.
Dopo il Covid, dal 1° gennaio 2024 è tornato in vigore il Patto di stabilità che prevede che il deficit dei paesi membri non possa superare il 3 per cento del Prodotto interno lordo (PIL), così come il debito non possa superare il 60 per cento del PIL. Queste percentuali sono state ampiamente superate. Il disavanzo è pari al 7,4 per cento del PIL, in parte causato dal Superbonus, mentre il debito è salito al 137,3 per cento. Da queste cifre deriva il richiamo della Commissione con una traiettoria di rientro entri i limiti finanziari nei prossimi anni.
Secondo le regole comunitarie, il governo italiano dovrà stabilire fino al 2027 un aggiustamento minimo dello 0,5 per cento del PIL. Al netto della spesa per gli interessi, questa percentuale corrisponde a circa 10 miliardi di euro l’anno per la riduzione del disavanzo. Cosa succede ora? La Commissione europea deve presentare il piano di aggiustamento al Consiglio europeo per l’approvazione.
L’Italia, da parte sua, entro il 20 settembre dovrà formalizzare un piano per il rientro dal debito e il risanamento delle finanze pubbliche. Mentre la Commissione renderà note le cifra per rientrare dagli sforamenti solo in autunno. I singoli Stati, oltre l’Italia anche Francia, Ungheria, Belgio, Malta, Polonia e Slovacchia sono sanzionate per deficit eccessivo, riceveranno dalla Commissione le traiettorie di rientro da rispettare in base alla sostenibilità dei rispettivi debiti.
La durata sarà quadriennale o settennale, mentre le cifre indicate dalla Commissione servono ai governi nazionali come riferimento per i piani di rientro dal debito. La durata del l’aggiustamento dipende dalla presenza di un piano dettagliato di riforme e investimenti. Nel caso uno Stato non segue le decisioni della Commissione, questa può ricorrere alla Corte di giustizia europea, con pene sanzionatorie in caso di condanna.